Inedito,  Poesia

Vittorio Sereni

A che serve Vittorio Sereni?
A che serve la Chiara Fenoglio che spiega Sereni?
Il vento metafisico, letterario, infratesto che fruscia dagli «ominidi» a noi…
ma chi lo sente più il vento.

Sereni non parla di nemici invisibili
Sereni gioca con la sua macchinina sperando che a lungo andare
giovandoci e rigiocandoci
facendola correre su e giù
sui corrimani

ma senza farla sbattere

prima o poi non sembri stupido continuare a giocarci

nemmeno lui ci crede.

Nemmeno lui ci crede.
E dovrei crederci io?
Le finestre sbarrate. Chiuso.
L’avessero chiesto a loro
di perderci gli occhi giovani su Sereni
col viso pallido malaticcio
i vestiti addosso che sanno di chiuso.

Mio padre torna da lavoro
il cucchiaio nella minestra
è sottomarino battagliero
«hanno ridotto la vita a lavorare – dormire»
una dicotomia macabra e cinica
non serviva un ipersonetto
per una verità esistenziale.

«Aver sonno, appetito, far dei figli, mangiare, leggere, amare, grattarsi»

L’insoddisfazione borbottata a cena
è il grido della rivoluzione nel XXI secolo.
Il problema non è Vittorio Sereni
né Saba
o il catalogo delle navi nell’Iliade.
Però
ci sia concesso di lanciare questa macchinina

smontarla

ricomporla come viene

e poi ricominciare.

È lecito giocare

ma facciamolo senza regole.

È doveroso smettere ogni tanto
sporcarci col mondo
lottare inzuppati di rabbia
raccogliere i cocci
farne una statua

brutta, senza senso

ma viva e attuale (per quel poco che dura l’attuale).

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