Aftalina,  Articolo

Merda, merda, merda

Il teatro è magia. È un luogo dove si piange, si ride, si sogna, si entra in universi mai conosciuti e mai esistiti prima che il sipario si schiudesse. Il palcoscenico è il luogo dove tutto avviene e gli attori i fautori di questa magia. Ma, come ogni leggenda narra – e d’altronde si sa che in ogni leggenda c’è sempre un fondo di verità – ogni luogo magico ha le sue regole da rispettare e i suoi riti ai quali non ci si può sottrarre, pena le più grandi sciagure immaginabili.

Così è anche per il teatro: chiunque abbia frequentato il teatro, o persone di teatro, si sarà accorto che questo mondo pullula di stravaganze, tradizioni e strane credenze, di cui però pochi conoscono il reale significato o la derivazione.

Molti di questi gesti potrebbero sembrare buffi, far sorridere, ma gli uomini di teatro hanno una fede cieca nel sostenere come essi siano fondamentali per allontanare la negatività dalle rappresentazioni: dopotutto, è risaputo, gli attori sono, sin dai tempi antichi, tra le persone più superstiziose sulla faccia della Terra.

Ma quali sono queste credenze? Andiamo ad analizzarne alcune delle più famose, cercando di indagarne le origini.

Paese che vai, colore che trovi

In quasi tutte le tradizioni teatrali vi sono dei colori che sono considerati sfortunati e che quindi non devono essere nel modo più assoluto indossati – o portati dagli attori – sul palco o in teatro.

  • In Inghilterra il colore considerato sfortunato è il blu. Questa superstizione deve le sue origini al fatto che in tempi antichi le stoffe più costose fossero proprio di questo colore. Capitava, allora, che alcune compagnie per compiacere il pubblico acquistassero e indossassero stoffe blu durante le rappresentazioni, pur non essendo molto ricche, finendo di conseguenza in bancarotta a causa della spesa eccessiva. Da allora vestire blu sul palco è un segno di sfortuna: la compagnia andrà incontro a gravi conseguenze economiche. Ma se il blu è accompagnato dall’argento, il pericolo allora è scongiurato: difatti se la compagnia era abbastanza ricca da potersi permettere stoffe blu e finimenti d’argento, allora il pericolo di fallimento era considerato irreale.
  • Nel mondo teatrale francese invece il colore sfortunato è il verde. Perché? Poiché secondo una credenza l’ultimo costume che Molière indossò prima di morire (interpretazione del Malato Immaginario, 17 febbraio 1673) era proprio di colore verde. Un’altra ipotesi, più verosimile ma meno accreditata, sostiene che nel XIX secolo le luci usate nei teatri non mettessero in risalto il colore verde, che risultava dunque negli abiti spento e sbiadito.
  • In Spagna il colore proibito è il giallo. Questa credenza si rifà alla tradizione della corrida: il mantello del torero è bordeaux all’interno e giallo all’esterno. Questo significa che se un torero dovesse venire incornato l’ultimo colore indossato sarebbe, appunto, il giallo.
  • E in Italia? In Italia il colore sfortunato è il viola; il viola è il colore dei paramenti liturgici usati in Quaresima; durante il periodo quaresimale nel Medioevo erano vietati tutti i tipi di rappresentazioni teatrali, dunque era un periodo molto duro per gli uomini di teatro, che non potendo lavorare per quaranta giorni restavano senza guadagni. Ancora oggi il viola in teatro viene associato alla malasorte, rimanda alla povertà e alla magrezza in senso lato.

Auguri di palco

Che cosa direste ad un attore che sta per cimentarsi in un ruolo difficile per la prima volta davanti ad un pubblico? La risposta sembrerebbe scontata: “buona fortuna”. Eppure, se voi malauguratamente pronunciaste le seguenti parole, vedreste l’attore impallidire di spavento. Perché? Perché nei teatri non si può assolutamente augurare “buona fortuna”? Probabilmente ciò è da associare alla convinzione che, augurando qualcosa di buono, possa realizzarsi il contrario. Per questo per augurare la buona sorte è più gradito utilizzare espressioni colorite, la più famosa delle quali è “rompiti una gamba”, frase che allude al gesto che l’attore fa inchinandosi.

Prima di iniziare lo spettacolo gli attori hanno un modo tutto loro di augurarsi la buona riuscita dello spettacolo: prima di sistemarsi dietro le quinte ad aspettare che si sollevi il sipario essi insieme al cast tecnico si mettono in cerchio stringendosi le mani e all’unisono gridano “Merda! Merda! Merda!”. Successivamente, ci si continua ad augurare “tanta merda” gironzolando sul palco o dietro le quinte. Inoltre, si dice che porti fortuna toccarsi il sedere a vicenda.

L’uso di questa espressione scaramantica risale al XVII secolo, quando il pubblico era solito andare a teatro in carrozza. La presenza di molto pubblico e quindi di molte carrozze era legata alla presenza davanti al teatro di molti escrementi lasciati dai cavalli: quanto più erano abbondanti gli escrementi dopo lo spettacolo, tanto maggiore era stata la presenza del pubblico.

Si dice che porti fortuna:

  • Pare che trovare un chiodo storto sul palco di un teatro porti fortuna, in quanto significa che ci si esibirà nuovamente in quel teatro. Non è ben chiaro il motivo di questa superstizione: forse deriva dal fatto che i chiodi venivano usati (e spesso vengono tutt’ora usati) per fissare le scenografie alle tavole del palco; il chiodo storto voleva dire che l’attrezzista aveva messo molta fretta nel piantarlo, dunque che lo spettacolo era estremamente “atteso” dal pubblico.
  • Stranamente, se l’ultima prova prima dello spettacolo viene male, è considerato un buon presagio: significa che sicuramente la messa in scena effettiva verrà in modo perfetto.
  • È considerato segno di buona fortuna donare al regista e all’attrice protagonista, dopo la notte di chiusura, un mazzo di fiori rubati da un cimitero. Questo gesto simboleggia la “buona” morte dello spettacolo che ora può essere messo a riposo. L’origine razionale di questo gesto è da ricercare nel fatto che anticamente il teatro non fosse una professione molto redditizia, e, nonostante l’atmosfera macabra, le tombe erano una grande fonte di fiori gratis.

Si dice che porti sfortuna:

  • Una parola da non pronunciare mai dentro un teatro, poiché considerata portatrice di estrema sfortuna, è Macbeth. Il dramma scozzese – così viene chiamato quando è inevitabile nominarlo – pare sia avvolto da una strana maledizione. Le origini di queste credenze non sono perfettamente definite: c’è chi dice che il primo attore ad aver recitato nei panni di Lord Macbeth sia morto durante lo spettacolo, chi dice che Shakespeare nello scrivere le parole delle streghe abbia preso in prestito delle vere formule magiche da delle vere streghe, che avrebbero maledetto lo spettacolo per vendicarsi, chi invece sostiene che nella prima rappresentazione di questo dramma le streghe fossero impersonate da streghe vere, che avrebbero dunque gettato il malocchio sul testo teatrale. Ma l’origine poco importa: ciò che è certo è che questa parola non deve essere mai, mai pronunciata all’interno di un teatro. Il malcapitato che la pronuncerà dovrà, per scongiurare il malocchio, uscire dal teatro, ruotare su sé stesso tre volte, sputare da sopra la spalla sinistra e recitare una battuta di un altro dramma shakespeariano. Poi dovrà bussare alle porte del teatro ed attendere che qualcuno lo faccia entrare.
  • Un’altra leggenda circonda il copione: si dice che porti sfortuna far cadere il copione a terra, poiché la sua caduta rappresenterebbe simbolicamente la caduta dello spettacolo. Ma anche in questo caso c’è un modo per scongiurare il pericolo: se un copione cade occorre raccoglierlo immediatamente e batterlo tre volte per terra nel punto preciso in cui è caduto.
  • Un oggetto portatore di grande sfortuna da non portare mai sul palco, né come parte di un costume né come parte di una scenografia, è la piuma di un pavone. La piuma rappresenta un malocchio – viene spesso associata nella simbologia all’occhio diabolico – e portarne una sul palco significa maledire l’intero spettacolo. Altri oggetti che non devono mai essere utilizzati su un palcoscenico sono denaro e gioielli veri, in quanto si dice che portino poco guadagno alla messa in scena.
  • È considerata sfortuna fischiare sul palco o vicino ad esso, si dice che porti il licenziamento di qualcuno. La ragione di questa superstizione è da ricercare nel fatto che prima dell’invenzione dei walkie-talkie o di altri mezzi di comunicazione, i tecnici del teatro comunicavano con il direttore di scena tramite dei fischi codificati. Se una persona fischiettava dietro le quinte, poteva suggerire indicazioni sbagliate ai tecnici, il che poteva avere esiti disastrosi sulla buona riuscita della messa in scena, con il risultato che qualcuno perdeva il proprio posto di lavoro, che fosse il direttore di scena, il tecnico o colui che aveva fischiato.

Tutte queste superstizioni, tramandate fedelmente negli anni, saranno, appunto, solamente mere superstizioni? Oppure avranno un fondo di verità? Sta ad ognuno di noi deciderlo.
Una cosa è certa: nonostante tutto, che si creda oppure no, questi gesti acquisiscono un loro fascino nel momento in cui si entra a far parte del mondo del teatro. Ed entrando a far parte nel mondo del teatro questi riti diventeranno parte di noi, anche quelli che ci possono sembrare più sciocchi o assurdi. Ma, dopotutto, come disse Vittorio Gassman: 

Un attore perfettamente sano è un paradosso.

*L’immagine in copertina è il dipinto Exorcism, di  Katrin Alvarez, 13 luglio 2006

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