
La monaca portinaia
Roma,
sole, folla, cappellini colorati, sudore
serpenti d’attesa
ventagli, chiasso, sopore, visite distratte.
Oratorio di San Silvestro
un campanello.
~ la porta da fuori ~
Consapevole appoggiarsi di un dito
curiosità
come sarà lo squillo?
svelamento dello squillo.
…
Attesa
dubbio
sarà la porta giusta?
Sguardo indagatore agli orari di visita
rumore di passi all’interno
ricomporsi.
~ la porta da dentro ~
Pace.
Presentimento indefinito solleticante alla nuca
squillo improvviso
ridestarsi
nessuna sorpresa al trillo già conosciuto.
Piedini di monaca coperti di fuligginose calze
scale infinite
inabissarsi d’eco tra barriere di corallo vecchio e sacro
Chi sarà oggi a visitare l’oratorio?
affrettarsi verso la porta muro di cinta
Sarà uomo bello come il Cristo dei miei pensieri?
Scalfito d’opacità misteriosa
come mio padre nelle vecchie foto del militare?
Oblò cieco nella porta
pomello scuro
nessuno spiraglio o indizio
Sarà donna di lievi labbra verginee
e di poderosi seni materni
di forti fianchi archetipici?
Avrà sguardo consolatore?
Vibrante pulviscolo
sulla luce che traspare dagli stipiti
di questo arco murato
Sarà giovane d’occhi profondamente commossi
agile di gesti e sentimenti,
o sarà solcato nel viso
da tutte le lunghe righe dei discorsi
che ogni giorno l’aria incide
sulla nostra pelle d’argilla?
fredde mani di monaca
su una ruota immobile e seria
Forse è un umo come non ne hai mai visto,
col corpo poeticamente riassemblato
mano di donna e mano d’uomo
come quelle di Dio
voce arcana di vecchio, parole fresche di fanciullo.
la ruota gira.
~ la porta da fuori ~
La porta si apre
dentro è vuoto
affreschi e pace
né un’anima.
~ la porta da dentro ~
Nulla è accaduto
il visitatore resta sconosciuto
ritorno all’ordine
fino al prossimo trillo
fino al prossimo uomo
di quest’umanità – per te –
sconosciuta
come tu sei sconosciuta – mero meccanismo –
a questa umanità.


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