
Una di quelle sere
È una di quelle sere dove nulla va per il verso giusto, il cuore che batte all’impazzata e l’ansia che mi divora.
È una di quelle sere in cui mi sembra di essermi appena svegliata da un sogno lucido e sento la realtà che mi circonda come ovattata.
Mi alzo dal divano, sento le gambe pesanti come se fossero fatte di legno. Con passo insicuro mi dirigo verso la cucina, dovrei mangiare qualcosa ma non ho la forza di cucinare.
Forse dovrei farmi una doccia, l’acqua calda é sempre un balsamo per il mio cuore.
Con passo veloce corro in bagno, apro l’acqua affinché si scaldi. I vestiti cadono leggeri per terra e già mi sembra di respirare meglio.
Entro, il vapore mi appanna la vista e per un attimo mi gira la testa. Mi siedo per terra, le gambe contro il petto mentre l’acqua calda scorre rapida sul mio corpo nudo.
Mi sento così piccola, rannicchiata con la testa tra le ginocchia mentre una lacrima solitaria si confonde con l’acqua e subito viene portata via.
È una di quelle sere in cui qualcosa smette di funzionare.
È una di quelle sere in cui sento il corpo che sprofonda mentre vengo lentamente risucchiata nel nulla.
Vorrei piangere ma non esce niente. Vorrei gridare ma è come se qualcuno mi avesse messo una mano davanti alla bocca. Sento il respiro che accelera, il cuore che sprofonda nello stomaco, le palpebre che smettono di sbattere.
C’è una crepa sul muro. Conto le gocce che scivolano lente sul vetro, come la mano di un amante sulle cosce dell’amata. I colori si fanno vividi fino ad esplodermi nel cervello.
I miei muscoli si fanno rigidi, il mio cuore batte sempre più veloce, il mio respiro si blocca, sento la testa appesantirsi.
Non riesco ad uscirne perché è la mia stessa testa che mi intrappola.
È una di quella sere in cui provo una continua sensazione di caduta come se stessi precipitando e nulla potesse frenare lo schianto che prima o poi avverrà.
È una di quelle sere in cui perdo il controllo sul mio corpo, sulla mia mente, sul mio cuore.
La mente vaga e si sofferma sui punti più deboli. L’acqua calda della doccia continua a fluire sul mio corpo, scorre su di me come sangue nelle vene.
Inizio a tremare in modo incontrollato, il respiro si spezza a ogni scossa. Vorrei urlare, piangere, strapparmi la pelle, correre il più lontano possibile da questa cazzo di doccia. Ma
non posso. Sono completamente immobilizzata, ingabbiata in questa trappola fatta di carne e sangue.
Non riesco più a respirare ma al tempo stesso respiro troppo, il vapore mi avvolge inibendo qualsiasi altro senso.
Il panico mi assale e non riesco più a controllarlo, non riesco più a trattenerlo.
Piango. Urlo. Non riesco a parlare. Non riesco a respirare. Non riesco a pensare. Tremo. Ho freddo e poi ho caldo. Sento tutto così intensamente e al tempo stesso non sento più niente.
Percepisco il pulsare del mio cuore impanicato nelle orecchie. Le vertigini mi assalgono.
Precipito per quelle che mi sembrano ore. Le pareti della doccia mi stringono in un abbraccio letale.
Le fitte al petto si fanno sempre più forti. Mi sembra di soffocare. Mi sembra di morire.
Improvvisamente il vuoto. Il tremito diventa più lieve, il cuore rallenta, il respiro si regolarizza.
Sono distesa sul pavimento della doccia, non so neanche io come sono finita in questa posizione. “I miei capelli sono un casino”. Ecco il mio primo pensiero.
Rimango lì non so quanto tempo, avvolta su me stessa, le guance bagnate, l’acqua che mi ustiona. Non riesco ad alzarmi, non riesco a reagire. Il respiro ogni tanto é rotto da un singhiozzo involontario, le mani ogni tanto tremano per conto proprio.
Mi rimetto in piedi, le gambe molli come se non camminassi da mesi. A fatica mi trascino in cucina. Sono completamente nuda. Sgocciolo per tutta la casa ma non me ne frega un
cazzo.
Accendo il gas sotto al bollitore e mi siedo ad aspettare.
È proprio una di quelle sere in cui mi sento spezzata.
È una di quelle sere in cui ho l’impressione che un soffio di vento potrebbe ridurmi a un mucchietto di ossa stanche.
Il fischio del bollitore mi riporta alla realtà. Prendo una tazza, persino aprire la bustina del the
mi risulta faticoso. Apro un cassetto e prendo il tabacco.
Mi siedo nell’angolino della cucina, il mio corpo ha un brivido quando la pelle nuda entra a contatto con il freddo del pavimento.
Giro una sigaretta, con lentezza estenuante, e poi la incastro tra le labbra. Aspiro la prima boccata di fumo e i miei polmoni finalmente si aprono completamente. Il tè mi scalda la
gola e lo stomaco. Nel più completo silenzio osservo affascinata la cenere che noncurante si posa sul pavimento grigio.
Mi rialzo e torno in bagno. Contemplo il mio viso allo specchio. Le guance arrossate, gli occhi gonfi, le labbra che sanguinano da quanto le ho morse per trattenere le urla.
È una di quelle sere in cui le parole non bastano, ma il silenzio è sfibrante.
È una di quelle sere in cui non ho la forza di fingere.
Nello specchio vedo me. E il panico risale.


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