Inedito,  Poesia

Enea

Ci sono momenti della vita, più di altri, dove si sente il peso della solitudine e dell’essere invisibili e ogni motivazione che si pensa di avere perde il suo senso, generando un vuoto nella testa. Rimane solo l’apparenza esterna a mascherare tutto questo, mentre l’inerzia, come una corda inesorabile, trascina il fisico attraverso l’esistenza. Questa è la condizione di Enea, perso nel sottile confine del futuro. ἀνόνειρος, (anneiros/anneeros), “senza sogni”.


Giorni grigi,
son quelle che mi accompagnano nella città
Le gambe vanno da sole per la strada.
senza pensare.
Artefice del mio destino,
con una mappa da disegnare,
eppure non nemmeno la forza di tenere la penna in mano a volte.
Giorni vuoti
Come la mia testa quando pensa
Perché vado avanti?
Cosa mi spinge?

Silenzio.

Solo silenzio
Che rimbomba sordo nella mia mente
fino a farla esplodere
Nessuna risposta, solo il silenzio
lo detesto (così giudicante)
lo detesto (imperterrito)
lo detesto (più della mia condizione)

Nel silenzio totale sento lo scorrere del tempo
Inesorabile, ogni ticchettio è perso per sempre
Perso nell’ansia.
Ma il vuoto nella mente mi paralizza (Ogni secondo che passo immobile è un fallimento)
Mi sento un automa dimenticato perfino dal tempo
Finché non dubito della mia stessa esistenza
“Non voglio sentirlo, non voglio sentire”

E allora accendo tutto e mi lascio rivestire dai suoni
Una tela bianca che si riempie di colori
Sento il sollievo che subentra nel mio petto
E godo di quell’attimo
della sublime pace, della serenità
che mi avvolge, fino a un sentirmi un invisibile parte del tutto
Chi sono io?
Chi sei tu? (Chi sono gli altri?)
Chi siamo Noi?
Stringhe vibranti di energia e materia
che si perdono gli uni negli altri
Negli sconosciuti sguardi fugaci scambiati in un attimo
Brandelli di anima perduti nel viaggio di una giornata
Fino a ritrovar se stessi davanti a uno specchio
Limite (in)valicabile dell’essenza
[Vita che viene intrappolata nelle distorte illusioni]
E lì davanti
come un giudice che conferma la condanna
il pensiero della mia condizione ritorna
Prepotentemente
L’armonia soave del suono
dolce compagna
Muta
In un’assurda cacofonia
Carica dell’angoscia di una routine
che non mi appartiene.
I colori della tela marciscono
E appaiono per come sono – stesure ripetitive senza carica vitale
di tutte le variabili del grigio,
eterni tornanti incatramati
che si attaccano alla mia anima spenta
Sabbie mobili in cui sembro soffocare
e allo stesso tempo trovar rifugio
così come la stanchezza che sento
nel pensare
di iniziare
finalmente a vivere?

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