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Il teatro dell’oppresso

La storia

Il Teatro dell’Oppresso è un metodo teatrale che nasce con Augusto Boal in Brasile, in un clima di lotte operaie e contadine, in tempi in cui il regime oppressivo degli anni ’60 non consentiva la libera espressione.
Cacciato poi dal Brasile, Boal si trasferì a Parigi, ciò aiutò la diffusione del metodo in tutta Europa che tuttavia dal lavorare sui conflitti sociali/politici si spostò sui conflitti personali.

Per Boal, infatti, gli oppressi erano tutti coloro che tentano di affrontare barriere sociali, psichiche e politiche. Il Teatro dell’Oppresso diventa dunque uno strumento artistico di confronto, un metodo costruito per favorire la giustizia sociale e porre al centro l’essere umano. Boal stesso diceva che il teatro dovrebbe aiutare il popolo a prendere coscienza. 

Il teatro è una forma di conoscenza; dovrebbe e può anche essere un mezzo per trasformare la società. Il teatro può aiutarci a costruire il nostro futuro, piuttosto che soltanto aspettarlo. 

– Augusto Boal

Una delle caratteristiche più interessanti del Teatro dell’Oppresso è il totale abbattimento della quarta parete, facendo sì che lo spettatore diventi uno “spett-attore” interagendo con le situazioni di conflitto che si creano durante la messinscena. L’obiettivo di questo abbattimento è incoraggiare le persone alla cittadinanza attiva e invogliarle a partecipare alla vita politica e sociale.

Questo è come dovrebbero essere gli artisti: dovremmo essere creatori e anche insegnare al pubblico come essere creatori, come fare arte, in modo che tutti possiamo usare quell’arte insieme. 

– Augusto Boal 

Tecniche

Il Teatro dell’Oppresso é composto da sette tecniche e da circa 400 giochi teatrali. Tutte le tecniche permettono di utilizzare il teatro come strumento di cambiamento, di risoluzione dei conflitti, di comunità.

I giochi-esercizi utilizzati nel Teatro dell’Oppresso sono strumenti di preparazione teatrale per eliminare le barriere corporee e percettive. Le sette tecniche utilizzate sono le seguenti:

  1. TEATRO IMMAGINE: lavora su sculture corporee, immagini reali ed ideali, riferite ad un problema. In particolare questo tipo di teatro permette di confrontarsi con opinioni e concezioni diverse riguardo a un dato argomento, senza utilizzare la parola.
  2. TEATRO FORUM: si individua un tema da sviluppare che mostri l’oppressione e tutte le sue dinamiche e con l’intervento del pubblico si cerca una chiave per uscirne.
  3. TEATRO INVISIBILE: il punto centrale di questa tecnica è che il pubblico non sappia di essere tale spingendolo ad intervenire attraverso provocazioni. Va quindi necessariamente realizzata in luoghi pubblici, comuni.
  4. FLIC-DANS-LA-TÊTE: letteralmente “il poliziotto dentro la testa” serve per lavorare su oppressioni di tipo più psicologico.
  5. TEATRO GIORNALE: si tratta di letture pubbliche di notizie e giornali per vedere che effetto hanno sulla coscienza dell’uditore.
  6. TEATRO LEGISLATIVO: lo scopo di questa tecnica è instaurare un rapporto tra popolazione e istituzioni per mettere in atto una democrazia transitiva.
  7. ESTETICA DELL’OPPRESSO: l’obiettivo di questa tecnica é quello di provare che l’uomo, in particolar modo l’attore, è capace di fare più cose di quelle che realizza, espandendo le capacità di comprensione e comunicazione con gli altri membri della comunità.

Il teatro dell’Oppresso oggi è stato riconosciuto da diverse organizzazioni internazionali come un modo per promuovere un’arte a favore dei diritti umani. Questo metodo teatrale è soprattutto adatto ai contesti sociali in cui possono crearsi situazioni di conflitto o discriminazione o c’è un’impellente necessità di dialogo, come la scuola.

Spesso, infatti, è stato applicato a metodi pedagogici e può essere utilizzato dagli insegnanti davanti a casi di bullismo per far sì che emerga l’espressività del singolo individuo nel gruppo classe.
In generale, comunque, il Teatro dell’Oppresso é un ottimo strumento artistico per stimolare la cultura della pace contro le oppressioni.

Quando finisce una sessione del Teatro dell’Oppresso? Mai, poiché l’obiettivo non é chiudere un ciclo, generare una catarsi o porre fine a uno sviluppo. Al contrario il suo obiettivo è incoraggiare un’attività autonoma, mettere in moto un processo, stimolare la creatività, trasformare gli spettatori in protagonisti.

Augusto Boal 

*L’immagine in copertina è Il quarto stato di Giuseppe Pellizza Da Volpedo, 1901, olio su tela

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