
Perché leggere le tragedie di Seneca
Cos’è una tragedia?
Il genere tragico nacque in Grecia nel VI sec. a.C. L’esatta origine della tragedia è ancora dibattuta, ma all’inizio erano rappresentazioni in onore del dio Dioniso. Le tragedie greche erano una competizione, messa in atto durante una festa sacra. A fine marzo (durante il mese che i Greci chiamavano Elafebolione), si svolgevano ad Atene le feste delle Grandi Dionisie, una festa sacra in onore di Dioniso, appunto. Durante le celebrazioni tre autori, scelti dallo stato, portavano una trilogia di tragedie e un dramma satiresco. Alla fine delle rappresentazioni i giudici scrivevano il nome di colui che avrebbe dovuto vincere e poi veniva estratto a sorte un vincitore, così che fosse in ugual misura scelto dai giudici e dalla fortuna. Di questa immensa produzione di testi e autori, purtroppo, ne sopravvivono interi solo tre, quelli considerati migliori e degni di essere imparati nelle scuole: Eschilo, Sofocle ed Euripide. Fu, però, operata una selezione pesante di quali tragedie tramandare; di Eschilo (fine VI-V sec. a.C.) sopravvivono solo 7 tragedie, anche se ne compose circa novanta, stesso destino toccò a Sofocle (V sec. a.C.), di cui si salvano 7 delle quasi 130 tragedie che scrisse. Per quanto riguarda Euripide (V sec. a.C.), delle 92 tragedie di cui conosciamo i titoli, solo 18 (ma una, il Reso, è spuria, probabilmente di un tragediografo del IV sec.) e un dramma satiresco ci sono arrivati.
Degli autori successivi a loro quasi nulla rimane, se non frammenti, nonostante noi conosciamo i nomi degli autori tragici. L’unica tragedia di età ellenistica è l’Alessandra(compralo qui), attribuita a Licofrone di Calcide (IV sec. a.C.). L’Alessandra parla delle profezie di Cassandra (chiamata anche Alessandra) circa la caduta di Troia. Il testo, però, più che una tragedia vera e propria, è un lungo monologo, composto da 1417 trimetri giambici.
Il genere tragico fu adottato dai Romani, che, però, compirono un’importante distinzione all’interno del genere tragico. Le tragedie, infatti, si dividevano a seconda dell’argomento: erano chiamate fabulae cothurnatae le tragedie latine d’argomento greco, mentre si chiamavano fabulae praetextae le tragedie latine di argomento romano. Anche del periodo romano, però, non restano che frammenti. Dei grandi autori di età repubblicana conosciamo i nomi e i titoli delle opere, ma sono solo sopravvissuti brandelli di testi. L’unica eccezione è Seneca (4 a.C.-65 d.C.), di cui sopravvivono 10 tragedie intere, che si sono salvate probabilmente grazie al prestigio di cui godeva l’autore presso i cristiani.
La tragedia a Roma
L’importanza di Seneca nel panorama tragico è innegabile, le su tragedie sono le uniche tragedie latine che ci sono giunte. Fra queste, 9 sono fabulae cothurnatae (anche se una, Hercules Oeteus, è sospetta di essere spuria, mentre un’altra, Phoenissae, si pensa sia incompleta a causa del minor numero di versi, 600 contro i circa 1100 versi di tutte le altre), mentre una sola, Ottavia (comprala qui), è una fabula praetexta, l’unica che ci sia arrivata, ma è spuria. A causa della lunghezza delle tragedie si pensa che non siano mai state effettivamente rappresentate, ma solo lette. La datazione delle tragedie è un argomento spinoso. Nessuna tragedia si può datare con certezza. Partendo dalla tragedia spuria, si crede che l’Ottavia sia stata composta probabilmente poco dopo la morte di Nerone, avvenuta nel 68 d.C., perché il giovane tiranno è l’antagonista dell’opera ed era impensabile proporre un tema del genere durante il suo principato; inoltre, le profezie riguardo la sua morte sono troppo precise, quindi le si ritiene ex eventu. La tragedia non può essere di Seneca perché lui stesso compare come personaggio ed è abbastanza difficile che accadesse che un autore si auto-inserisse nella propria opera, soprattutto in un genere elevato come la tragedia, e anche per le profezie che riguardano la morte di Nerone, Seneca, infatti, fu costretto al suicidio nel 65 d.C., ben 3 anni prima dell’uccisione di Nerone. Per quanto riguarda le altre tragedie sono state proposte 3 possibili periodi in cui possono essere state scritte, ma per comprenderli al meglio bisogna parlare brevemente dei temi delle tragedie.
La politica nelle tragedie di Seneca
Tutte le tragedie, Ottavia compresa, hanno al centro il tema politico. Il potere monarchico, nonostante la filosofia stoica, cui Seneca aderiva, dicesse che la monarchia è il miglior sistema di governo, è sempre presentato come negativo; un re buono non esiste, anzi, un re è necessariamente un tiranno. Sulla base di questo tema le tragedie, come si è detto prima, possono datarsi in tre periodi:
- Durante l’esilio in Corsica;
- Durante il periodo di istruzione a Nerone;
- Durante il ritiro a vita privata.
Se le tragedie sono state scritte durante l’esilio in Corsica (41-49) allora il messaggio politico negativo è rivolto contro l’imperatore Claudio, che l’aveva condannato all’esilio. Seneca odiava a morte Claudio per averlo condannato all’esilio, tant’è che alla sua morte, nel 54 d.C., scriverà un libello satirico violentissimo in cui attaccava Claudio, l’Apokolokyntosis (compralo qui), parola greca che significa “zucchificazione”.
Se le tragedie furono scritte mentre educava Nerone, ossia dal 49 d.C., quando fu richiamato in patria dalla madre di Nerone, Agrippina, fino al 59, anno in cui i rapporti fra Seneca e Nerone s’interromperanno. Se scritte in questo periodo il messaggio politico serve ad ammonire ed educare Nerone. Seneca vuole mostrare al giovane imperatore cosa succederebbe se abusasse del suo potere e lo fa attraverso le immagini truculente e ripugnanti delle tragedie.
L’ultimo periodo della vita di Seneca, dal 59 al 65 d.C. è caratterizzato della delusione per il fallimento del suo insegnamento politico e dal ritiro a vita privata. Se scritte in questo periodo le tragedie sono un terribile attacco a Nerone e mostrano tutte le sue nefandezze, riflesse nelle figure dei tiranni che sfilano nei testi. Se sono state scritte in questo periodo circolarono di nascosto, tra gli amici più stretti, perché un attacco così forte alla figura dell’imperatore sarebbe stato soppresso con la vita.
Purtroppo, i richiami interni ed esterni alle tragedie non permettono di stabilire né una datazione assoluta, né una datazione relativa, tant’è che si dubita persino se l’ordine con cui siano state tramandate nei manoscritti sia effettivamente quello di composizione. La mancanza di datazione, dunque, non permette neppure di stabilire a quale periodo risalgano e quale sia stato il motivo effettivo del loro concepimento. Nonostante questo, le tragedie di Seneca rimangono una preziosissima testimonianza di un genere letterario che a Roma ebbe successo, ma che abbiamo perduto quasi totalmente, e inoltre sono anche l’ultima grande produzione di un genere che era in crisi già ai tempi di Seneca. La tragedia conoscerà una rinascita solo in età umanistica e rinascimentale, nel medioevo, infatti, il teatro non era visto di buon occhio e le rappresentazioni erano ristrette solo ad episodi tratti dalle Scritture. I tragediografi quattrocenteschi e successivi presero spunto proprio da Seneca, oltre che dai tragici greci, nel comporre le loro opere.
*L’immagine in copertina è Tragedia, di Edvard Munch, 1900, olio su tela.


Potrebbe anche piacerti:

Recensione a “Wendy”, produzione Aftalina
Ottobre 25, 2022
La coreografia dell’intimità
Novembre 14, 2022