
La massa oscura
– Cosa ci fai qui? Perché sei sveglio? –
– Non ho voglia di dormire… dai, fammi stare un po’ qui con te, è ancora presto. –
– Fa’ come vuoi. –
Il ragazzo si scosta e fa accomodare a fianco a sé il più piccolo. L’erba è umida, fa risalire un piccolo brivido fino alle dita della mano, sopra di loro il cielo è immenso e buio, ricoperto di macchie di luce.
– Come sta andando la ronda? –
– Come sempre, è un periodo tranquillo, gli animali sono quieti ultimamente, bastano i nostri pochi fuochi e qualche recinzione per tenerli lontani… quasi, quasi mi sento inutile. –
– Però è bello qui. –
– Sì, è vero, c’è una bella pace. –
– Rho… –
– Dimmi. –
– È che ho una roba che mi è rimasta in mente, sai, non che sia importante, ma mi è rimasta appiccicata… Me ne ha parlato il nonno. –
– Umh. –
– Il nonno mi ha raccontato questa storia, dice che c’è una cosa che si chiama Massa oscura. –
– Massa oscura? Tipo il buio? –
– Tipo, ma è una cosa diversa, è proprio una massa, una cosa che esiste, ma è anche qualcosa che ha a che fare col non esistere. È come una cosa che ci preme addosso, così. –
Il bambino appoggiò una mano sulla spalla dell’altro, premendo leggermente, ma senza far sentire troppo la forza.
– Il nonno dice che ora tu senti la mia mano, no? –
– Sì certo. –
– Però, se io avessi la pazienza e non andassi via e mantenessi sempre uguale la forza della mia mano, tra un’ora, tre giorni, tra un mese, tu non sentiresti più la mia mano, no? Te ne dimenticheresti, e magari pure i tuoi amici, insomma, non se ne parlerebbe più, di questa mano, sarebbe una cosa naturale, anzi smetterebbe di essere una cosa, perché tutti la dimenticherebbero. –
– Suppongo di sì. –
– Ecco, allora la massa oscura è questa mano, che non preme solo il tuo braccio, ma tutto il tuo corpo, tutto tutto, pure le capanne, pure le pecore giù dalla collina, pure le città degli uomini del passato, con tutte le loro cose abbandonate. –Ma come fai a sapere che c’è e non te la stai inventando? Se te la sei dimenticata, non si può sapere, io non sento niente che mi preme. –
– Forse… –
In lontananza si scorge lo scheletro di una città abbandonata, come tanti cocci di vetro, i palazzi feriscono l’aria rarefatta che li circonda. C’è un silenzio che penetra i timpani, un silenzio talmente forte che si riempie di rumori immaginari, un silenzio che si gonfia dentro le orecchie, come una spugna piena d’acqua e fa lentamente colare tutto fuori.
– Ho capito cosa dici… anche a me una volta l’hanno raccontato, è una vecchia storia, è come un nulla che potresti toccare, ma non sai dov’è, ma io non ci credo. –
– Perché? –
– Perché credo che esista, sì, ma non fuori, è una cosa che abbiamo dentro. –
– Dentro? Ma dove? –
– Dentro nelle ossa, siamo pieni di questa massa oscura, è una terra gelata, una melma di freddo che si schiude, piano piano, dentro di noi… è come quando aspetti la bestia nel bosco. Quando lotti, per esempio, sei vuoto e libero, sei solo le tue azioni, sei solo il tuo muscolo che si contrae, solo i tuoi piedi che corrono, le tue mani che stringono, il tuo sangue che cola. Ma quando tu sei lì che aspetti, credi ci sia la bestia, ma non sei sicuro, non l’hai sentita, c’è troppo rumore eppure troppo silenzio, senti cose che non ci sono, sulle braccia ti salgono insetti che non esistono, zampettano sulla tua pelle, strisciano solcando i tuoi peli, li smuovono soffi di animali che non sono mai nati.
Quella cosa è la massa oscura, è il gelo di terra, è la maledetta terra gelata, il fango di angoscia che ti immobilizza il cervello, quella non è paura, è paura della paura, è ansia e basta. E tu sei ansia. Non sei più niente, smetti di essere Rho, sei solo un mucchio di terra di freddo, che è ansia. Sei solo tensione di quello che verrà, ma potrebbe non venire, sei in attesa del tempo che scorre, eppure per te è fermo.
– Ma allora è un dio, una cosa così potente è un dio per forza. Tutte le cose potenti e incontrollabili sono dei. Perché non sta con gli altri idoli del villaggio? Perché non ha la sua pietra? –
– Tu sacrificheresti alla Massa oscura? –
– Hai appena detto che lo facciamo già. –
– Io il mio braccio lo darei, perché se ne vada, darei tutto, ma non vorrei che diventasse un idolo. Altrimenti diventerà necessaria. –
Alle loro spalle il villaggio è addormentato, solo le sentinelle degli altri confini sono sveglie come loro; la notte è ancora lunga da fare passare.
– Sai, Lu, il ragazzo della conceria, sa un sacco di cose, lui è stato nella città. –
– Davvero? Pensavo che nessuno potesse andarci. –
– Quasi nessuno, ci tengono lontani perché ci sono molti potenziali pericoli, ma quando c’è bisogno di qualcosa (non so di cosa a dire il vero, qui abbiamo tutto) mandano qualcuno, un piccolo gruppo, per fare una cosa veloce. –
– E cosa c’è là? –
– Non è rimasto niente, solo sporcizia e una brutta aria, sono secoli che sta tutto abbandonato, eppure Lu dice che l’aria è quasi irrespirabile, sa di morte, di schifo, e ce l’hai tutta addosso. –
– La massa oscura? –
– Credo che gli uomini del passato siano morti per colpa sua, in qualche modo, si sono troppo invischiati. Insomma, da quello che ho capito, questa massa oscura non se la sapevano spiegare, non tornavano i conti, loro li rifacevano di continuo e non tornavano. Era come mettere tutto un sacco sulla bilancia e pesa un tot, poi pesi le singole cose che ci sono dentro (gli uomini, gli animali, la terra, ecc.), poi li metti assieme e il risultato è più piccolo. Cosa manca? –
– Non lo so. –
– Neanche loro. Ma il punto è questo, non si può sapere tutto. Qual è la prima cosa che ci insegnano a scuola? Proviamo a imparare quel poco che ci serve, e basta. Perché sbattere la testa sui conti? Se i conti non tornano bisogna smettere di farlo, se c’è qualcosa che manca, allora non ti riguarda, non sei tu, non è la tua ciotola del pranzo, né la tua famiglia, non è il letto su cui dormi. Quando io sento la massa oscura dentro di me quando caccio, sto sbagliando io, quello è l’avvertimento: torna indietro, qui non ti riguarda, qui tu smetti di esistere, e io, cazzo, voglio esistere, e basta. Questo cielo nero, è sicuro massa oscura, non torna nei conti perché nessuno lo può toccare, se ci aliti sopra rimane identico, quindi è morto. Se questo cielo è morto io lo guardo, mi piace, ma mi levo dalla sua angoscia, non voglio smettere di esistere, per una cosa che non è mai esistita. –
Il bambino non aggiunse più niente, appoggiò la testa alla spalla del fratello e piano piano chiuse gli occhi. Serrò le palpebre sull’ansia di saperne di più, si convinse ad ascoltare il ragazzo, a mettere a tacere quella forza che gli premeva il cuore che diceva: voglio conoscere, di più, di più e ancora di più.


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