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«Per la gioia dei bambini»: il mondo delle parodie Disney

Le parodie sono uno degli strumenti più potenti per la diffusione di una storia, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti “classici”. Anche le caricature più irriverenti o (spesso solo in apparenza) superficiali possono aiutare a metabolizzare quella distanza cronologica e culturale che separa un’opera dai lettori contemporanei. È un problema che si respira quotidianamente a scuola, fra le nuove generazioni, per le quali la somministrazione passiva di brani incasellati nelle antologie diventa fonte di noia o, peggio,
repulsione.

Inferno by Dante Topolino 

Si può riassumere in queste poche righe il senso dell’Inferno di Topolino (compralo qui). Si tratta di una storia a fumetti pubblicata nel 1949 sul celebre periodico Topolino (nn. 7-12), illustrata da Angelo Bioletto e scritta e sceneggiata da Guido Martina. Colti da un sogno magico, Topolino e Pippo, rispettivamente nelle vesti di Dante e Virgilio, si avventurano nella discesa di un Oltretomba sgangherato e variopinto. Colpiscono soprattutto il ritmo incalzante della vicenda, incorniciata da tavole che spesso strizzano l’occhio agli illustri precedenti di Gustave Dorè, e le didascalie in terzine di endecasillabi, alla maniera dantesca, infarcite di riferimenti al testo originale.

Nelle cerchie di dannati, oltre ai più iconici personaggi del mondo Disney, compaiono ripetutamente figure legate alla scuola, come ad esempio le allegorie delle materie, punzecchiate e derise da una folla di piccoli studenti. Alla fine del racconto, Topolino, giunto di fronte all’Alighieri in persona, cerca di giustificare l’“oltraggio” dei due autori, che si sono scherzosamente collocati al fondo dell’Inferno fra le grinfie di un Sommo Poeta molto indispettito. Sono quegli stessi bambini presenti sin dall’inizio la ragione di tanto osare: il loro divertimento e la loro approvazione ammansisce lo stesso Dante, che lascia andare tutti i protagonisti, augurando all’Italia, appena uscita dalla seconda guerra mondiale, di risollevarsi.

Le parodie Disney 

Questa vocazione pedagogica, fondata sulla consapevolezza di essere per migliaia di italiani il primo approccio alla lettura, anima ancora oggi le pagine di Topolino, e ha dato vita, a partire da quel primo incontro con la Commedia, al filone delle Parodie Disney, che col passare degli anni è diventato un autentico marchio di fabbrica del settimanale. Gli abitanti di Topolinia o Paperopoli sono continuamente calati all’interno di ogni sorta di romanzo, film e opera teatrale, e il lettore si compiace nel riconoscere i tratti distintivi dei suoi beniamini anche dietro a costumi e identità diverse. Le parodie più riuscite si riconoscono dalla capacità da una parte di conservare queste personalità così spiccate e stratificate da pagine e pagine di avventure, dall’altra di sfruttare il racconto di partenza non con l’illusione di riportarlo passo passo, ma più come cornice, atmosfera, insieme di indizi, anche giocando con il contrasto che si viene a creare fra modelli umani e i topi o i paperi che li interpretano.

L’amorosa istoria di Paperomeo e Gioietta Paperina

Propongo alcuni esempi. Il primo è L’amorosa istoria di Paperomeo e Gioietta Paperina (1979), dalla penna sempre del nostro Guido Martina e con i disegni di Romano Scarpa. Paperino, alias Papero Meo, rampollo della famiglia dei Monticchi, viene mandato ad avvelenare il cane dei Bulletti come ritorsione per il precedente avvelenamento del loro gatto Malachio, ma sostituisce la sostanza letale con un sonnifero per paura delle reazioni della famiglia rivale. Mentre mette in pratica il suo piano, però, si imbatte in Gioietta, che poco tempo prima si era invaghita di lui. La narrazione è più semplice e rapida rispetto all’Inferno di Topolino, ma efficace: l’amore travolgente dei due giovani si trasforma in un imprevisto che mette nei guai il solito sventurato papero, che cerca di trarsi d’impaccio sfruttando rocambolescamente l’equivoco fra veleno e sonnifero, familiare anche al dramma shakespeariano. Il conflitto si risolve con un lieto fine paradossale: la coppia se ne va “all’altro mondo”, ovvero l’America, a
bordo di una delle caravelle di Cristoforo Colombo!

Brigitta e il sogno di una notte di mezz’estate

Un’altra storia notevole è Brigitta e il sogno di una notte di mezz’estate (1993), con i testi di Antonella Pandini e i disegni di Sandro Del Conte. Brigitta, da sempre profondamente innamorata dell’intrattabile Paperon de’ Paperoni, legge delle vicende del re delle fate Oberon che cerca di vincere le resistenze della sua consorte Titania con “il fiore di Cupido”, e fantastica di fare lo stesso con il suo amato. Amelia, la strega acerrima nemica di Paperone, la spia e se ne serve per ingannare il suo avversario e ottenere la Numero Uno, il primo decino del patrimonio del miliardario, ingrediente fondamentale per completare un incantesimo che la renderà ricchissima. Brigitta, resasi conto del pericolo, salva Paperone restituendolo al “suo unico vero amore”, ossia il denaro, e sacrificando ancora una volta i suoi sogni in un finale dolceamaro.

I Promessi Paperi 

Infine, non può sfuggire all’attenzione della rivista disneyana il romanzo più conosciuto, nel bene e nel male, della penisola, i Promessi Sposi. L’opera di Manzoni è stata oggetto di due riletture, i Promessi Paperi (1976) e i Promessi Topi (1989). Nella seconda, in particolare, troviamo alcune soluzioni argute: i lanzichenecchi diventano un’orda di turisti tedeschi e Topolino e Topolina, novelli Renzo e Lucia, due aspiranti locandieri ostacolati da Don Pietrigo (Gambadilegno); Macchia Nera, celebre nemesi del Topo, assume le vesti dell’Innominabile, ovvero di un nobile che cova rancore per l’umanità per via della “iella” che lo colpisce ogni volta che si pronuncia il suo nome; la “peste” di Milano, invece, non è altro che una petulante bambina aristocratica, la marchesina Esmeralda De Gomez.

Tutti questi racconti maneggiano con grande ironia e senza timori reverenziali il patrimonio da cui attingono, e tuttavia paradossalmente si prendono molto sul serio. Pur senza la retorica e il nazionalismo un po’ antiquato dell’Inferno di Topolino, le parodie preservano quel profondo rispetto rivolto da un lato al loro modello, dall’altro – ed è l’aspetto più importante – al loro pubblico. Gli archetipi della letteratura illuminano l’umanità di questi animali, autentica e vicina, un’umanità che i bambini percepiscono benissimo.

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