Aftalina,  Articolo

Il teatro come strumento di riabilitazione per il paziente psichiatrico

La malattia mentale e la riabilitazione

Cominciamo dal principio: il paziente psichiatrico è colui che soffre di una malattia mentale. La malattia mentale è un problema di salute con effetti significativi su come la persona si sente, pensa, si comporta e interagisce con gli altri e con il mondo esterno. Per questo motivo una parte significativa del trattamento della patologia psichiatrica, oltre ovviamente alla farmacoterapia, è la cosiddetta riabilitazione psichiatrica. Ma che cos’è la riabilitazione psichiatrica?

Una definizione dell’OMS recita:

La riabilitazione è un processo che deve facilitare, agli individui con disabilità, l’accesso a tutte le opportunità per raggiungere il livello ottimale di funzionamento autonomo nelle comunità di appartenenza. Questo sia orientandosi a migliorare le competenze individuali, sia ad introdurre modificazioni ambientali che creino le condizioni per la migliore qualità di vita possibili.

All’interno del contesto psichiatrico la riabilitazione può essere definita come l’insieme di tecniche e di interventi utili a diminuire gli effetti della cronicizzazione del disagio psichico e a promuovere attivamente il reinserimento della persona nel contesto sociale di riferimento. 

La riabilitazione psichiatrica si concentra sulla principale conseguenza invalidante del disturbo mentale: la compromissione delle abilità nello svolgere ruoli sociali. La finalità ultima che si propone è quella di aiutare la persona a controllare i sintomi, a rimuovere le barriere interpersonali e ambientali causate dalla disabilità, a recuperare le capacità utili a vivere indipendentemente, a socializzare e a gestire efficacemente la vita quotidiana e ad accettare i propri limiti. Nel percorso riabilitativo l’individuo viene considerato nella sua interezza come portatore di interessi, di emozioni, di talenti, di speranze e di paure.

Essa si compone di diversi approcci e diverse attività volte al completarsi di questi obiettivi. All’interno di questa dimensione si inserisce anche l’uso del teatro.

Il teatro come finestra sul mondo

Al giorno d’oggi molti Centri di Salute Mentale italiani stanno sperimentando come la creazione di un laboratorio teatrale abbia un impatto positivo sul benessere degli utenti del centro: l’esperienza teatrale favorisce il benessere psicofisico e sociale, sviluppa potenzialità creative e di socializzazione, valorizza la fantasia e l’espressività mimica, inoltre permette ai pazienti di sviluppare una maggiore coscienza di sé attraverso la consapevolezza del gesto, del movimento, della voce, del suono e della narrazione.

Il laboratorio teatrale opera in due direzioni convergenti: dall’esterno, intervenendo sul corpo, sulla postura, sul movimento, sul linguaggio; e dall’interno, attraverso l’analisi del personaggio e la comprensione dei suoi movimenti emotivi. Così inteso, il laboratorio assume le caratteristiche proprie di un approccio riabilitativo interdisciplinare le cui basi teoriche sono rintracciabili in diversi ambiti: antropologia, sociologia, psicologia, psicoterapia, teatro e teatro sociale, inserendosi a pieno titolo nel vasto campo delle “Arti Terapie espressive” oggi molto utilizzate come strumento di prevenzione in contesti sociali, pedagogici e sanitari.

Per i pazienti psichiatrici essere in grado di gestire le emozioni di un personaggio rappresentandolo nella funzione scenica, può convincere che sia possibile interpretare, possedendolo e gestendolo, il copione della propria esistenza, uscendo dal ruolo passivo e impotente che spesso la malattia impone a chi ne è portatore: il teatro racconta la fragilità e la porta in scena in mezzo alla comunità, costringendo quest’ultima a interrogarsi sulle parti sociali che la compongono, sulle loro identità e modalità di esistere all’interno di essa.

Gli obiettivi di tale laboratorio sono:

  • Aiutare i partecipanti a esprimersi utilizzando molteplici linguaggi: espressione verbale, mimica, corporea, facilitando lo scambio tra il proprio mondo interno e la corazza corporea che lo contiene.
  • Togliere le etichette e ridurre lo stigma legato alla malattia psichiatrica, restituire individualità al paziente, creare quel tessuto di empatia, culturale e poetica, che permette di sentire il rapporto con chi riteniamo diverso da noi come momento di incontro e di riconoscimento.
  • Crescere insieme al gruppo, imparare a conoscere meglio sé stessi e le proprie risorse, acquisire consapevolezza delle proprie potenzialità espressive e comunicative, verbali e mimico-gestuali.

Si può dire che questa attività funzioni? Da un lato potremmo dire di sì: l’esperienza teatrale, in chi ne ha beneficiato, ha mediamente evidenziato miglioramenti della qualità di vita degli utenti, favorendone il benessere psicofisico e sociale. In particolare, migliori risultati sono stati osservati nell’ambito della sintomatologia depressiva, anche grave, di varie patologie.

Tuttavia il laboratorio teatrale continua a mantenere una condizione di “aspecificità”, ancora poco validata sperimentalmente. Le Arti Terapie, infatti, in quanto tali si collocano al confine tra scienza e arte e si trovano a dover affrontare un urgente problema, comune a tutte le pratiche terapeutiche: quello di elaborare e rendere condivisibili gli strumenti di osservazione e di valutazione del processo di cambiamento. Per questo motivo sono necessari ulteriori studi e approfondimenti per saggiare l’effettiva efficacia terapeutica nella riduzione sintomatologica e nella cura dei disturbi mentali. 

Esso tuttavia si mostra indubbiamente come un potente fattore di riabilitazione psico-sociale con evidente capacità di catalizzare processi di miglioramento espressivo e di consapevolezza di sé, propedeutici rispetto all’autonomia, alla socializzazione ed all’inserimento lavorativo dei pazienti psichiatrici.

* L’immagine in copertina è Il fantasma di Clitemnestra  risveglia le Furie di john Downman, 1781, 

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