Inedito,  Prosa

Eco

Quando ho visto cosa hai fatto, credevo che avrei bruciato ogni cosa: volevo annientare ogni filo d’erba su cui voi aveste camminato, ogni vestito che hai indossato con lei, ogni bugia che mi ha raccontato, ogni ricordo che mi infesta come una casa stregata.
Ogni cosa doveva essere distrutta, non doveva rimanere niente.
Non mi sento più me stessa, il blu è diventato rosso, ma il fuoco che accendo è freddo e non mi dà alcun calore.
Allora divento forse Medea e avveleno il vestito di lei, che ti guarda e ti ascolta come un tempo facevo io, ma non è stata lei a diventare cenere. E vedere le fiamme non mi rassicura più come una volta.
Voglio ferirti, rimuovere la tua presenza passata e la tua assenza presente. Tu che mi hai trasformato in una donna diversa, piena di rabbia, fragile, nella quale non mi riconosco più.
Allora forse Medea aveva ragione: annientare ogni cosa e scappare.
Vorrei essere Medea, ma forse sono Eco.
Forse sono Eco e tu mi abbandoni di nuovo, e allora io mi perdo nel bosco e il mio corpo si consuma fino a sparire: rimane la voce. Ma tu non mi ascolti.
Ma non importa chi sono, se sono Medea o Eco.
E non importa nemmeno se tu sei Giasone o Paride: in ogni caso, chiunque tu sia, mi hai abbandonata.
Il blu è diventato rosso: hai incendiato la stella che guardavamo insieme, l’hai trasformata in cenere. Hai invocato il vento e mi hai portato via anche la cenere.
Hai lasciato il mio cielo senza stelle e l’azzurro è diventato blu.
Ma il blu è diventato rosso e tutto sanguina.
Credevo fossi tu la mia stella, invece eri un buco nero: preferisco il mio sangue al tuo vuoto.

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