
Recensione a “Anjia”, produzione Aftalina
Da bambini tutti avevamo dei pupazzi. Parlavamo con loro, giocavamo con loro. Ci divertivamo ad inventare le storie più assurde. Li chiamavamo per nome. Li stringevamo forte forte al petto per addormentarci. Erano la nostra protezione quando avevamo paura del buio. Quando attorno a noi si creava il vuoto, i pupazzi erano lì, con le loro facce buffe, a darci forza, a farci compagnia, a infonderci coraggio. Ma quando siamo cresciuti abbiamo capito, forse un po’ a malincuore, che il mondo vero stava da un’altra parte. Che quel mondo di pupazzi da noi creato non era altro che un’invenzione. E a volte, quando ci sentiamo soli, rimpiangiamo un po’ quei tempi in cui bastava guardare una di quelle faccette sorridenti disegnate nella stoffa per essere rassicurati da tutto e da tutti.
Anjia (Anna Ravera) ormai vive in un mondo vuoto che l’ha distrutta. Un mondo miope, senza energia, fantasia, creatività e poesia. Non ha saputo trovare il luogo adatto a sé in un universo che sembra troppo vasto e in cui non si è mai sentita accolta. In un mondo che si diverte ad etichettare, a catalogare, a classificare, Anjia non trova spazio. Perché in un universo ordinato di pupazzi, come quello che ci divertivamo a creare da bambini, chi cerca di lasciarsi guidare dall’istinto, dall’irrazionalità e dalle emozioni più forti rischia di soccombere. Anjia è stata tradita dai suoi amici. Anche dalla persona che credeva più vicina a sé. È stata vittima di manipolazione e violazione della privacy. Ora, dopo anni, tutto ciò che ha vissuto riemerge in uno spazio insolito. In uno struggente dialogo con il suo avvocato Albert (Filippo Crovella), Anjia si lascia andare, si arrabbia, si dispera. A tratti cerca di proteggersi, poi cede per poi ritornare chiusa in se stessa. La sua storia commuove il pubblico, che viene trasportato all’interno di essa come in un sogno da cui è difficile uscire. Albert, che assume i tratti di tutti i personaggi che sono in qualche modo intervenuti nella vicenda di Anjia, anche quando sembra non capirla appieno, la invita a raccontarsi, la accompagna nelle battaglie che dovrà condurre per riconquistare veramente se stessa. Ma, attorno ad essi , rimane quel mondo immobile di pupazzi, che fissano i due attori e sembrano impedire ad Anjia, fino alla fine, di trovare una via d’uscita, un qualche passaggio segreto che conduca alla vita vera.
I due attori, Anna e Filippo, della Compagnia Teatrale Aftalina accompagnano lo spettatore con eleganza e passione in una storia che, a un primo impatto, può sembrare tanto assurda, ma che poi si rivela, al contrario, reale e vicina a noi. Col passare del tempo, anche il pubblico, rapito dall’originalissimo allestimento scenico e da scelte registiche assolutamente ben studiate, inizia a provare sconforto nel vedere i pupazzi attorno a sé. Tra di essi sono soffocate le nostre domande di senso sempre più incalzanti, la continua voglia di trovare un significato per un’esistenza che appare sempre più folle. Tra di essi emerge ancora una volta in maniera forte e la figura di Anjia, tanto fragile ma sempre più vera e vicina a noi.


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