Articolo,  Frammenti di civiltà perdute

Storia e gloria degli scacchi

Gli scacchi sono uno dei giochi più famosi al mondo. È considerato da molti uno dei giochi più equi, per via della sostanziale parità con cui i due avversari partono. Non tutti sanno che però questo gioco ha origini antichissime e remote.

Origini ed etimologia

La prima attestazione di una variante degli scacchi si trova in India nel VI sec. d.C. ed è un gioco chiamato chaturanga. Si giocava, come gli scacchi moderni, su un tabellone 8×8. I pezzi si evolveranno nei cinque pezzi moderni, anche se, com’è prevedibile, si muovevano in modo leggermente diverso. Intorno al 600 d.C. Il gioco entrò in Persia, durante l’impero Sassanide. Il gioco veniva anche usato per insegnare le tattiche militari. Il nome e la terminologia scacchistiche derivano proprio dal persiano. I Persiani inventarono la regola di gridare “Shah!” (re), quando il re era sotto attacco e “Shah mat!” (il re è morto) quando il re era indifeso e non poteva più muoversi. Da qui deriva il nome del gioco in quasi tutte le lingue del mondo, per citarne un paio: scacchi in italiano e latino, échecs in francese, chess in inglese, шахматы (shakhmaty) in russo. Con la conquista araba dell’impero persiano, compiuta in maniera fulminea a metà del secolo, il giocò restò del tutto invariato, ma gli fu cambiato il nome in shatranj e questo nome rimarrà nei paesi soggiogati dal dominio arabo, infatti in spagna si dice ajedrez, in portogallo xadrez e in greco ζατρίκιον (zatrikion).

Diffusione

Il gioco, radicatosi in Europa e Russia intorno al IX sec., fu subito studiato, anche perché forniva utili tattiche militari. La Chiesa mal vedeva gli scacchi, ritenendoli una corruzione della società; tuttavia, i nobili lo ritenevano un gioco necessario per ottenere prestigio, al punto che la conoscenza e la padronanza degli scacchi fu inserita tra le sette qualità che un cavaliere deve avere, elencate nel libro Disciplina clericalis di Pietro Astolfi. Tra il XII e XV sec. fiorì anche una vasta letteratura scacchistica, incentrata anche, ma non solo, sulla teoria delle aperture e quali mosse giocare in quali posizioni.

Modernità e supercomputer

Gli scacchi ebbero anche una grandissima valenza politica durante la Guerra Fredda; infatti, in Russia sono uno dei giochi più popolari. Durante la Guerra Fredda i Russi ritenevano che una miglior padronanza degli scacchi fosse da correlare ad una superiorità intellettuale del sistema sovietico rispetto a quello americano. Nel 1972 si giocò una partita storica, l’americano Robert “Bobby” Fisher contro il sovietico Boris Spasskij, che deteneva il titolo di campione del mondo. Fisher vinse 12.5 a 8.5 e divenne campione del mondo, il primo (e finora unico) giocatore americano a detenere il titolo. Ma dopo essere diventato campione Fisher si ritirò a vita privata e non giocò più una partita di scacchi pubblicamente, se non nel 1992 quando ci fu una rivincita contro Spasskij per il ventennale della storica partita.

Una svolta decisiva nella storia degli scacchi si ebbe nel 1997 quando il campione in carica Garry Kasparov perse contro il supercomputer Deep Blue 2.5-3.5, cosa che non era mai capitata prima (al punto che Kasparov pensava che la macchina stesse barando e le mosse gliele suggerisse un maestro o più maestri di scacchi). Con la vittoria di Deep Blue si è aperta per gli scacchi l’era dei computer. Ormai le macchine sono arrivate ad un livello irraggiungibile, ma proprio per questo aiutano a sviluppare una nuova visione del gioco. I giocatori del più alto livello, GM e SuperGM, ma non solo, usano i computer per apprendere tattiche e nuovi modi di vedere una scacchiera.

* L’immagine in copertina è di Sgarra, un dipinto creato per l’incontro Karpov-Bacrot (Cannes, 2000).

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