
Orfeo, un’opera elusiva
La Fabula di Orfeo, o semplicemente Orfeo, di Angelo Poliziano (Montepulciano, 14 luglio 1454 – Firenze, 28 o 29 settembre 1494) è un testo molto importante per la storia del teatro, fu la prima opera profana ad essere rappresentata sulla scena [1].
Il genere
Il genere di quest’opera teatrale è molto dibattuto, però si ricollega sicuramente anche alla rappresentazione sacra, dal momento che fu la prima esperienza teatrale in volgare, in Italia e non solo, e la caratterizza l’ottava, metro presente e prevalente anche nella Fabula di Orfeo. Tissoni Benvenuti [2] ritiene che l’opera sia un dramma satiresco, con uno stile intermedio tra la commedia e la tragedia e la base a cui si ispira sia la tragedia, in particolare il Ciclope di Euripide. Anche questa ricostruzione hai i suoi pregi, a partire proprio dal metro, la terzina, che viene usata nell’ecloga volgare. Però, l’Orfeo non è sicuramente una tragedia, nonostante lo stile elevatissimo di alcuni passi, come dimostrano il canto finale delle baccanti, un canto tipicamente carnascialesco, e la figura del pastore schiavone, caratterizzato da sfumature linguistiche veneto-padane. La capacità del Poliziano consiste nell’essere riuscito a cogliere spunti diversi e ad armonizzarli nel massimo grado, creando un’opera ibrida.
Datazione
Non solo il genere, ma anche la datazione dell’opera è molto dibattuta. Il Poliziano, nella lettera a Carlo Canale, dice che sia stata scritta in due giorni. Tradizionalmente si ritiene che sia stata scritta mentre il Poliziano si trovava a Mantova, presso il cardinale Francesco Gonzaga. Non sappiamo, però, quando sia stata effettivamente scritta. Tradizionalmente si ritiene che sia stata scritta nel 1480, ma il Poliziano non dice mai di averla scritta a Mantova, e inoltre il tempo di composizione di due giorni è una citazione alle Silvae di Stazio [3]. Ma dalla lettera a Carlo Canale si parla di alcuni tumulti. Dev’essere un evento di attualità dell’epoca che il destinatario comprendeva benissimo e dunque La fabula è stata scritta a Mantova. L’unica data certa è il 1483, data di morte del Cardinal Gonzaga, cui l’opera è dedicata, ma costituisce solo un terminus ante quem.
I modelli
Con la sua vastissima cultura letteraria il Poliziano cita e gareggia con grandi poeti dell’antichità classica, come Virgilio e Orazio e soprattutto Ovidio ed Euripide, ma anche poeti volgari come Dante e Petrarca. La Fabula, poi, si presta ad una varietà d’interpretazioni. Orfeo che s’illude di poter vincere la morte e riportare in vita Euridice è forse un parallelo del poeta stesso, che ha perso fiducia nella forza della poesia. Altri critici vi vedono invece un viaggio dall’imperfezione all’imperfezione. Poliziano stesso, nei Miscellanea, parla del mito di Orfeo:
La lotta di Orfeo contro la morte di Euridice simboleggia -è- la lotta per il ricupero del mondo antico.
Un’opera misteriosa sotto molti punti di vista, quella del grande umanista, un’opera importantissima per il teatro italiano. In tempi moderni, però, non molto rappresentata. Forse a causa del suo carattere intrinsecamente contraddittorio, dal momento che unisce tragedia e commedia, stile alto e basso, antico e moderno, armonizzato in un modo che solo Angelo Poliziano era capace di fare.
Per approfondire
[1] Poliziano, Stanze, Orfeo, rime, p. LIV
[2] Tissoni Benvenuti, L’Orfeo del Poliziano.
[3] Stazio, Silvae, I: “Nullum enim ex illis biduo longius tractum, quaedam et in singulis diebus effusa.” (Nessuna di queste poesie è stata scritta in più di due giorni, alcune sono state buttate giù in un giorno solo)
* L’immagine in copertina è Orfeo ed Euridice di Tiziano, 1508, olio su tela; oggi conservata a Londra, al Leighton House Museum.


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